Oltre alle api da miele, insetti sociali organizzati in vere e proprie caste, esistono anche tantissime api solitarie che vivono in maniera molto differente. Ho deciso di dedicare questo articolo alle api Alkali (Nomia melanderi), ovvero api solitarie che costruiscono il proprio nido sottoterra.
Queste api appartengono alla Famiglia Halictidae (vedi questo articolo per la classificazione) e vivono in deserti e deserti semi-aridi degli Stati Uniti dell’Ovest.
Si tratta di formidabili impollinatori, in particolare per quanto riguarda l’erba medica ma anche per altre coltivazioni (come ad esempio le cipolle).
Il nome Alkali deriva dal fatto che prediligono terreni molto salini (alcalini). I loro nidi sotterranei sono formati da una rete di tunnel che portano a delle camere in cui vengono depositate le uova.
Nonostante la loro natura solitaria però, non disdegnano affatto la compagnia. Tendono infatti a formare vere e proprie aggregazioni in cui ogni singola ape femmina costruisce il suo nido accanto a quello di un’altra.
In realtà vedremo che alle giuste condizioni queste aggregazioni possono raggiungere dimensioni sproporzionate, con migliaia di femmine che nidificano l’una accanto all’altra. In alcuni casi le sorelle possono addirittura condividere lo stesso nido.
Ape Alkali che vola nei pressi del nido. Foto di Mark Harrison, Seattle Times.
Questo comportamento è detto semi-sociale ed è considerato dagli scienziati l’anello di congiunzione fra il comportamento degli insetti solitari e quello degli insetti sociali.
Si ritiene infatti che le api mellifere siano arrivate alla loro socialità attraversando un passaggio intermedio molto simile a questo.
La vita delle Alkali
I maschi appena usciti dal nido non vi fanno più ritorno ma si limitano a sfamarsi e a cercare femmine con cui potersi accoppiare. Il loro contributo finisce sostanzialmente qui.
Le femmine appena fecondate iniziano immediatamente a scavare il nido, una volta pronte le celle le sigillano dopo averle rifornite e avervi deposto l’uovo.
Quando però una cella viene infestata da un fungo, l’ape madre la riapre riempiendola di terra ed impedendo quindi al fungo di propagarsi nelle celle adiacenti.
Impollinazione “violenta”
La specializzazione delle Alkali è molto interessante per chi coltiva erba medica, mi spiego meglio.
Nell’erba medica le parti maschili e femminili del fiore non sono esposte ma racchiuse all’interno del petalo inferiore. L’ape per arrivare al nettare deve atterrare sul petalo e fare un po’ di pressione per far sì che questo si apra con uno scatto, esponendo le antere con il loro polline e lo stigma.
Ape mellifera che bottina un fiore di erba medica.
Di Ivar Leidus – Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento
Dato che il fiore di questa pianta quando scatta somministra alle api l’equivalente floreale di uno schiaffo in faccia, le api (che non gradiscono affatto il trattamento) spesso riescono a trovare un modo per “rubare” il nettare senza far schiudere il fiore (evitando però assieme allo schiaffo anche l’impollinazione).
Non è il caso delle Akali, che invece hanno perfezionato la loro tecnica e riescono ad impollinare più di 1000 fiori di erba medica al giorno.
Profitto reciproco
Oggigiorno in America i grandi coltivatori di erba medica costruiscono dei cosiddetti “bee beds” (letti per le api), dei veri e propri appezzamenti dedicati alla nidificazione di api Akali, e costituiti nel seguente modo:
- Si piazzano dei tubi di irrigazione a circa mezzo metro di profondità
- Si predispone un terreno adeguato (sotto uno strato impermeabile, con strati superiori costituiti da ghiaia e sabbia).
- In superficie ogni anno viene sparsa una grande quantità di sale che rende il suolo alcalino e gli permette di rimanere umido (questo aiuta le api a scavare il loro nido sottoterra)
L’umidità del terreno viene rilevata per sapere se è il caso di irrigarlo; questo serve per garantire che il suolo sia della consistenza giusta per la costruzione dei nidi.
Mi è capitato di leggere l’intervista ad uno di questi agricoltori che su 485 ettari di terreno coltivato ad erba medica, ne ha aggiunti altri 120 esclusivamente dedicati ai “bee beds“, vale a dire un habitat sufficiente ad ospitare da 18 a 25 milioni di nidi.
L’erba medica in questione viene destinata all’industria delle sementi; ebbene si è stimato che per ogni singola Alkali presente, il raccolto di semi aumenta di ben 13 grammi.
Proprio grazie a questo grande vantaggio sulla produzione, gli agricoltori tengono molto a cuore il benessere delle Alkali, e quindi si guardano bene dal danneggiarle attraverso un uso scriteriato di pesticidi.
Gli agricoltori hanno infatti imparato ad adattare il loro modo di fare agricoltura alle necessità delle api. Ad esempio:
- Stanno svegli fino a tardi per utilizzare i pesticidi dopo il tramonto, quando le api sono al sicuro dentro i loro nidi.
- Cercano costantemente di migliorare le condizioni dei “bee beds” e collaborano con entomologi per studiare i risultati dei test.
- Finanziano ricerche universitarie per la realizzazione di pesticidi non dannosi per le Alkali.
Insomma, non solo le api ma anche gli agricoltori lavorano sodo.
Fanno di tutto per far sì che le api stiano bene.
E lo fanno seriamente, lavorando anche all’interno della propria comunità per far comprendere quanto siano importanti gli insetti impollinatori, al punto che nelle zone dei “bee beds” possiamo trovare dei cartelli stradali che impongono il limite di velocità di circa 30 km/h. Quanto basta per evitare che le api si spiaccichino sul parabrezza.
La concentrazione di questi nidi è sorprendente e difficile da descrivere, per cui vi linko questo video per capire di cosa parlo:
(Il video è in inglese ma vi consiglio di guardarlo anche se non conoscete la lingua)
Stando agli ultimi titoli di giornale, di agricoltori con grandi appezzamenti che mettono le api al primo posto qua in Italia non sembra ce ne siano molti.
Eppure ciò che vi ho appena raccontato è solamente un esempio di come sia possibile fare un passo indietro (o forse in avanti?) e intavolare qualche ragionamento.
Non si parla certo di eliminare i pesticidi, ma di documentarci ed interrogarci su cosa possiamo fare per rendere l’agricoltura una pratica che possa essere d’aiuto sia per l’uomo che per l’ambiente.
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A presto!
Luca.
Fonti:
- Buzz – The nature and necessity of bees (Thor Hanson)
- Classificazione Alkali bees
- USDA Publications – James Cane 2002
- USDA Publications – James Cane 2008
- USDA Forest service – Alkali bees
- Immagine di copertina tratta da honeybeesuite.com