Nel precedente articolo vi ho parlato di come l’apicoltura americana sia passata dalla produzione del miele all’industria dei servizi di impollinazione e di come si svolge in via generale una stagione apistica di un apicoltore medio-grande.
In questo articolo voglio invece focalizzarmi sugli aspetti economici dei servizi di impollinazione, sulle problematiche e sulle conseguenze per la salute delle api mellifere americane.
LA CONTRATTUALISTICA DELL’IMPOLLINAZIONE
I contratti di impollinazione possono essere effettuati:
- di persona, quando c’è un incontro diretto tra produttore ed apicoltore;
- dal bee-broker, vale a dire un intermediario che si occupa di far incontrare domanda e offerta.
Questi intermediari assicurano che i produttori ottengano servizi di impollinazione adeguati, in quanto sono in contatto con più apicoltori: ad esempio, se un apicoltore non può partecipare alla fornitura del servizio per motivi particolari, il bee-broker può rimpazzarlo contattando un altro soggetto.
In alcuni casi il bee-broker finisce per sostituirsi totalmente alla figura dell’apicoltore, occupandosi di tutte le fasi del servizio, dal trasporto al piazzamento nei campi da impollinare, fino alla restituzione della arnie.
Ovviamente i bee-broker hanno un costo che generalmente va dai $2,00 ai $20,00 per colonia a contratto.
I contratti di impollinazione possono essere orali, conclusi con una stretta di mano, soprattutto se il rapporto si è consolidato nel tempo e c’è fiducia tra le parti.
In alcuni casi si può optare per una formalità parziale, vale a dire che soltanto alcune clausole vengono messe per iscritto e per il resto è sufficiente un accordo orale.
Quando invece c’è di mezzo un intermediario come il bee-broker, si preferisce utilizzare contratti scritti.
Negli ultimi anni però, soprattutto per alcune colture, la contrattualistica è cambiata e si tende più a stipulare contratti formali contenenti specifiche clausole da rispettare, pena il deprezzamento della tariffa corrisposta.
In linea generale questa evoluzione è dovuta a diversi fattori:
- la mortalità delle colonie;
- la provenienza delle colonie, in termini di distanza geografica;
- il costante aumento delle tariffe.
FARE APICOLTURA E’ SEMPRE PIU’ DIFFICILE
Nell’inverno del 2006/2007 gli Stati Uniti, e successivamente anche l’Europa, ebbero a che fare con quella che a breve venne denominata la Sindrome da Spopolamento degli Alveari, o Colony Collapse Disorder. In breve, l’alveare si spopolava rapidamente delle api operaie adulte, lasciandosi alle spalle la covata e l’ape regina. Ad oggi non c’è certezza su cosa causi questo problema, ma avrò comunque modo di parlarvene in futuro.
Prima del 2006 perdere un 15% di colonie era considerato parte del lavoro, ma le prime indagini fatte su queste scomparse ingiustificate parlano di perdite fino al 55/60% delle colonie.
I casi registrati di CCD sono diminuiti negli anni ma il problema della mortalità estiva e invernale resta. Facendo la media dei dati riportati dal progetto Bee Informed Partnership, le perdite medie annuali in tutti gli Stati Uniti per il 2019/2020 ammontano al 48,81%.
Perdere colonie vuol dire perdere eserciti interi di bottinatrici e quindi di impollinatrici, quindi gli apicoltori devono in qualche modo investire nel rimpiazzare gli alveari mancanti. Lo si fa sia comprando nuove famiglie oppure dividendo a metà quelle più forti già presenti, ma sono entrambi investimenti monetari e di tempo.
LE RICHIESTE DEI PRODUTTORI
Guardiamo il problema dall’altro lato della medaglia: il produttore che ha bisogno di api le sue coltivazioni pretende una determinata qualità del servizio. Va da sé che famiglie forti e numerose saranno più efficaci ed efficienti nell’impollinare rispetto ad alveari deboli e poco popolati…
E come potete immaginare, una famiglia in forza ha sicuramente richiesto un investimento maggiore per l’apicoltore in termini di nutrizione, controllo dei parassiti, della salute generale e così via.
Allo stesso tempo con l’aumentare degli ettari destinati alle produzioni agricole, come affermato anche da questo articolo pubblicato su Nature, aumenta anche la richiesta di api per impollinare. Non sempre si può contare sugli apicoltori residenti nella tua area: spesso c’è bisogno di rivolgersi a soggetti provenienti dagli Stati confinanti, se non ancora più lontano.
In questo studio si parla delle distanze percorse dalle arnie: una famiglia in media viaggia per circa 1600 chilometri in un anno.
In un caso particolare, che vedremo nel prossimo articolo, alcune colonie possono viaggiare per più di 3000 chilometri.
La distanza geografica fa aumentare anche i costi di trasporto, quindi per attirare apicoltori lontani c’è bisogno di tariffe più alte.
A questo si aggiunge l’aumento generale dei costi di gestione delle attività apistiche spinge gli apicoltori a chiedere un corrispettivo più alto per il servizio offerto.
Come potete immaginare in uno scenario caratterizzato da incertezza, da richieste specifiche da entrambe le parti e da un costante aumento dei costi, l’evoluzione naturale dei rapporti tra produttori ed apicoltori ha portato alla formazione di una contrattualistica ben precisa.
A livello monetario in questi contratti si tende a specificare:
- il numero delle arnie richieste: a seconda della coltivazione si va da una a 3 colonie per acro, vale a dire dalle 2,5 alle 7,5 colonie per ettaro.
- la forza della colonia: si richiedono un numero preciso di telaini “attivi”, vale a dire coperti al 75% di api oppure con almeno 4 api per pollice quadrato. Generalmente si richiedono dai 6 agli 8 telaini attivi per arnia;
- ispezioni per la verifica della forza: vengono generalmente effettuate su un campione di arnie da ispettori di terze parti.
- eventuali bonus e malus applicati a seguito dell’ispezione
Spesso contengono altre clausole legate alle modalità di applicazione dei pesticidi da parte del produttore, le modalità di accesso per le ispezioni da parte dell’apicoltore e così via.
LE PROBLEMATICHE DELL’IMPOLLINAZIONE
Nel 2020 gli apicoltori americani hanno guadagnato in totale:
- 300 milioni di dollari dalla vendita del miele;
- 310 milioni di dollari dai servizi di impollinazione;
- 78 milioni di dollari da altro genere di servizio/prodotto.
Il 45% dei guadagni totali annuali dipende dall’impollinazione e si pensa che questo rapporto andrà ad aumentare sempre di più.
Ma quali sono le conseguenze sullo stato di salute delle api americane?
Partiamo dalle modalità di trasporto. Come vi dicevo nel precedente articolo, le api vengono caricate su un mezzo di trasporto e viaggiano. Possono percorrere distanze brevi ma anche lunghi viaggi di migliaia di chilometri.
Talvolta possono anche accadere incidenti: il camion finisce fuori strada e/o si ribalta, parte del carico subisce danni ingenti fino anche la morte.
Un’altra problematica è legata ai confini interstatali, dove i camion devono essere spesso ispezionati. In California, ad esempio, l’ispezione riguarda piante ed insetti alieni ed infestanti, come la formica chiamata Fire Ant. Le ispezioni possono durare fino a qualche ora, soprattutto nel caso in cui venga richiesta l’identificazione di un possibile esemplare sospetto al laboratorio.
In questo caso, se la giornata è molto calda, le api potrebbero subire un colpo di calore e talvolta morire, nel caso in cui la circolazione dell’aria tra le arnie non sia ottimale. Spesso si ricorre all’uso di idranti per abbassare la temperatura degli alveari caricati.
Durante il trasporto le api vengono alimentate con sciroppi zuccherini, in quanto non possono uscire liberamente per bottinare. Il carico è protetto con una rete al fine di evitare la dispersione delle bottinatrici.
La nutrizione non si limita soltanto al momento del viaggio. Specialmente nei contratti dove si richiede un alto numero di telaini attivi, l’apicoltore americano ha interesse che le sue famiglie siano sempre al massimo del numero di bottinatrici disponibili altrimenti perderebbero parte della tariffa corrisposta.
Per far ciò è quindi necessario stimolare costantemente la produzione di covata utilizzando sia lo sciroppo ma soprattutto i cosiddetti pollen patties, vale a dire dei composti che non contengono polline ma una sostanza che è stata pensata per simularlo.
Questi supplementi nutritivi sono necessari anche per prevenire quel malaugurato caso in cui, in pieno servizio di impollinazione, il tempo si faccia brutto per troppi giorni. Le api potranno comunque contare su questi sostegni, la regina non andrebbe in blocco di covata e allo spuntare del sole, tutta la squadra tornerebbe a lavorare come prima.
La nutrizione è necessaria anche prima dell’inizio della stagione dell’impollinazione ed anche per prepararle all’invernamento. Questo permette all’apicoltore di poter iniziare coi servizi di impollinazione allo stesso momento della loro partenza, in quanto le famiglie sono già forti e numerose.
Ad ogni modo va da sé che queste alternative non potranno mai sostituire del tutto la diversità nutrizionale del polline e del nettare raccolto in natura.
In aggiunta per periodi di almeno tre settimane le api vivono in un ambiente in cui possono cibarsi soltanto di un tipo di polline e di nettare (oltre a quelli forniti in via sostitutiva dall’apicoltore), vale a dire quelli forniti dalla pianta che deve impollinare, e non sempre questi sono di alta qualità nutritiva.
Ad esempio sembra che i pollini del mirtillo rosso e della mela abbiano un contenuto di proteine maggiore rispetto a quello del mirtillo
La carenza di diversità e di qualità di polline e nettare potrebbe causare un indebolimento della salute generale dell’ape e ridurre la sua resistenza a certi virus, pesticidi e parassiti, oppure esacerbare i loro effetti negativi. Il polline è l’unica fonte di proteine per le api e la sua disponibilità può significativamente impattare la fisiologia e la nutrizione delle larve.
Se compariamo le famiglie di api nomadi a quelle più stazionarie, queste devono affrontare:
- un maggiore stress ossidativo, che si traduce spesso nella riduzione delle aspettative di vita, per cui le api tendono a vivere di meno;
- una maggiore esposizione ai pesticidi: neonicotinoidi, fungicidi sistemici ed altre sostanze sono frequentemente rilevati nel polline e nel nettare raccolto, in quanto vengono utilizzati per proteggere le colture da parassiti e malattie. Queste sostanze finiscono per contaminare anche le altre parti dell’alveare, come la cera, ma di questo parleremo in un successivo articolo;
- una maggiore esposizione a malattie e parassiti: uniamo tutte le problematiche elencate fino ad ora al fatto che talvolta migliaia di alveari provenienti da diverse parti degli Stati Uniti si trovano concentrate nella stessa zona. Il cocktail che ne esce è abbastanza allarmante: aumenta così la trasmissione malattie e parassiti (varroa in primis) tra alveari, e in generale aumenta la presenza di patogeni per via dell’indebolimento della salute dell’intera famiglia dovuto all’unione di tutti i fattori di stress sopra menzionati.
CONCLUSIONE
Per potersi adeguare alle richieste dell’industria agricola, gli apicoltori americani hanno dovuto cambiare, o meglio, stravolgere il loro modo di lavorare.
Hanno dovuto industrializzare le loro pratiche di gestione e l’apicoltura è diventata un allevamento veramente intensivo.
Le api lavorano durante tutto l’anno, hanno costantemente bisogno di nutrizione e di controlli per verificare lo stato di salute, al fine di limitare il già alto numero di perdite annuali.
Tutto ciò che fanno gli apicoltori ha l’obiettivo principale di avere sempre famiglie forti e sane per offrire il servizio di impollinazione (già da febbraio) e, quando le colture finiscono, per la produzione del miele.
I costi di gestione delle aziende apistico-impollinatrici sono esorbitanti e lo sono anche le tariffe corrisposte dai produttori.
Gli interessi in ballo sono molti: gli apicoltori lottano per produrre un numero sempre più alto di api, gli agricoltori si lamentano sempre di più della crescita delle tariffe… Entrambe le industrie sono interconnesse tra loro e dipendenti dall’esistenza dell’altra.
Ad ora infatti non si è trovato un impollinatore più efficiente e più “facile” da gestire dell’ape mellifera e, tranne in un caso molto particolare, non sono state ancora selezionate varietà di frutta e verdura indipendenti dalla loro attività di impollinazione.
Le api soffrono le conseguenze: subiscono un fortissimo stress, sono più vulnerabili a pesticidi, malattie e parassiti.
Provate a vederla in questo modo: negli Stati Uniti d’America l’ape non è (quasi) più l’insetto che produce (anche) il miele.
L’ape è passata dall’essere la produttrice di una merce (il miele, il polline, la cera etc…) ad essere una merce lei stessa: è diventata una lavoratrice dell’industria dell’impollinazione.
Ma di questo parleremo più approfonditamente in un prossimo articolo.
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A presto!
Silvia
FONTI:
- Contracting for Pollination Services: Overview and Emerging Issues
- Pollination Surveys dal 1986 al 2011 – Oregon State Beekeepers Association
- 2019/2020 Average Annual All Colony Loss – Bee informed Partnership
- An Estimate of Managed Colony Losses in the Winter of 2006 – 2007: A Report Commissioned by the Apiary Inspectors of America
- Contracting for pollination services: overview and emerging issues
- Pollination Surveys dal 1986 al 20011, Oregon State Beekeepers Association
- Honeybees on the move: Pollination services and honey production
- Honey – United States Department of Agricolture
- Inspections: what to expect – California Deparment of Food and Agricolture
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- High Levels of Miticides and Agrochemicals in North American Apiaries: Implications for Honey Bee Health
- In-hive Pesticide Exposome: Assessing risks to migratory honey bees from in-hive pesticide contamination in the Eastern United States
- Home sick: impacts of migratory beekeeping on honey bee (Apis mellifera) pests, pathogens, and colony size
- Bitter Honey: A Political Ecology of Honey Bee Declines
IMMAGINE DI COPERTINA: American flag Photo e Frutteto di Mele
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