Ogni risorsa che l’uomo sfrutta porta in qualche misura alla perdita di habitat ottimali.
L’inquinamento da metalli pesanti, da pesticidi, le patologie e lo sfruttamento del suolo sono fattori di stress di primaria importanza quando parliamo del declino degli insetti.
Ancora oggi però sono presenti delle ampie zone d’ombra. Si tratta di meccanismi complessi che interagiscono fra loro, per questo è necessario fare ricerca ed indagare in questo senso.
Alcuni scienziati suggeriscono che grande attenzione vada posta sul pericolo che si scatenino dei loop deleteri in grado di autoalimentarsi: un calo del servizio di impollinazione da parte degli insetti potrebbe aumentare l’autoimpollinazione delle piante, che a sua volta porterebbe ad un calo di produzione di nettare e polline. Per chiudere il cerchio, tutto questo comporterebbe un ulteriore calo degli insetti impollinatori, ed il ciclo si ripete…
L’autoimpollinazione delle piante è problematica in quanto incrementa i rischi di trasmissione da una generazione all’altra di quelle copie di geni “cattivi” (o recessivi).
Una progenie autoimpollinata dimostra una ridotta variabilità genetica, situazione che espone le piante a problematiche come:
- bassa adattabilità ai cambiamenti ambientali;
- minore resistenza a patogeni e parassiti;
- aumento delle malattie di origine genetica;
- diminuzione della sopravvivenza;
- diminuzione dei tassi riproduttivi.
I fattori che influiscono sul declino degli impollinatori selvatici possono essere raggruppati sostanzialmente in due categorie, fattori BIOTICI e fattori ABIOTICI, che agiscono in concomitanza con gli effetti deleteri dell’attuale emergenza climatica.
Fra questi fattori, che in alcuni casi si sovrappongono, esistono tutta una serie di interazioni.
Attraverso interventi di urbanizzazione e deforestazione si vanno a modificare i luoghi di nidificazione e di bottinamento.
Modifiche nella copertura del terreno impattano in maniera negativa sulla quantità di risorse florali, questo fa sì che gli impollinatori debbano viaggiare più a lungo o fare più strada per riuscire a trovare il cibo di cui hanno bisogno per vivere.
L’urbanizzazione inoltre modifica anche il microclima attraverso il fenomeno delle isole di calore.
Per isola di calore si intende quel fenomeno che determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine, rispetto alle circostanti zone periferiche e rurali.
Queste isole sono determinate da una serie di concause che interagiscono tra loro:
- diffusa cementificazione;
- superfici asfaltate che prevalgono nettamente rispetto alle aree verdi;
- emissioni degli autoveicoli;
- emissioni degli impianti industriali;
- emissioni dei sistemi di riscaldamento e di aria condizionata ad uso domestico.
Anche le mura perimetrali degli edifici cittadini svolgono un ruolo in tutto questo, impedendo al vento di soffiare con la medesima intensità che viene registrata nelle aree aperte al di fuori del centro città.
In questi contesti le api cosiddette “specialiste” (ovvero quelle che si nutrono solo su un numero assai ristretto di piante) e quelle che nidificano nel terreno sono più vulnerabili rispetto alle altre specie. Al contrario, le api che nidificano nelle cavità si trovano invece avvantaggiate nelle aree urbane, si ipotizza proprio a causa della vasta presenza di zone appropriate per la nidificazione.
Le api con il corpo più piccolo hanno un raggio di bottinamento minore e quindi soffrono di più in quelle aree dove gli habitat sono frammentati, specialmente rispetto ad api più grandi che possono avvantaggiarsi di questa dinamica e quindi crescere in numero.
Tutte queste problematiche possono portare ad una diminuzione sia in termini di popolazioni di api selvatiche, sia in termini di diversità all’interno delle comunità di impollinatori.
IL CLIMA
La maggior parte degli studi in questo senso si concentra sull’asincronicità fra le piante e gli impollinatori.
Il ciclo vitale delle api selvatiche si è nel tempo sincronizzato con quello dei fiori attraverso una lentissima evoluzione. Il cambio delle temperature sposta l’orologio biologico delle piante, che in questo modo possono fiorire in maniera prematura o tardiva a seconda delle condizioni climatiche.
Se vengono a mancare le fioriture proprio nel periodo in cui le api solitarie sfarfallano ed hanno quindi bisogno di nutrirsi, è facile che siano costrette a spostarsi maggiormente nel tentativo di sopravvivere.
E’ stato osservato inoltre che quando i fiori crescono in condizioni di siccità sviluppano petali meno colorati. Questo può rendere i fiori meno attrattivi agli occhi degli impollinatori, con possibili ripercussioni a cascata: le piante che non vengono impollinate non prosperano e gli impollinatori dovranno cercare risorse altrove.
Situazioni prolungate e gravi di siccità possono addirittura inibire la produzione di polline e nettare da parte delle piante; insomma la semplice presenza di fioriture nel paesaggio non garantisce che ci sia cibo sufficiente per gli impollinatori.
L’aumento delle temperature determina inoltre lo spostamento di determinate piante verso maggiori altitudini. Le specie di impollinatori che seguono questi spostamenti si troveranno di conseguenza a dover competere con le specie già presenti ad altitudini superiori.
LE MALATTIE
In letteratura scientifica ci sono testimonianze di trasmissioni di patologie fra api mellifere ed impollinatori selvatici.
Le mellifere infatti possono essere portatrici di patogeni in grado di danneggiare anche alcune specie di api selvatiche.
Ad oggi sono stati individuati 11 virus in grado di “saltare” dalle api mellifere ad altre specie di api. Si sospetta che ciò avvenga quando un’ape selvatica bottina su dei fiori precedentemente visitati dalle api mellifere.
Il ruolo di questi virus sull’incidenza delle popolazioni di api selvatiche tuttavia non è ancora stato studiato in maniera approfondita.
I PESTICIDI
Alcuni pesticidi possono causare nei bombi dei danni a carico delle difese immunitarie, andando ad impattare negativamente sulla fitness e sulla sopravvivenza delle loro colonie. Alcuni neonicotinoidi possono determinare un calo nell’efficienza del foraggiamento, problematiche a carico delle funzioni cognitive, e quindi un calo nella fitness dell’intera colonia.
Per fitness si intende il successo riproduttivo di un individuo. Il termine deriva dall’aggettivo inglese fit (adatto) e viene spesso tradotto con il termine idoneità.
L’espressione della fitness è il successo riproduttivo, vale a dire il numero medio dei figli in grado, a loro volta, di riprodursi.
GLI INQUINANTI
Ogni specie utilizza metodi diversi per difendersi all’interno di un habitat contaminato dai metalli pesanti.
Piante cresciute in un terreno contaminato producono meno nettare, crescono in maniera stentata e presentano antere contaminate da metalli pesanti. Suoli contaminati determinano inoltre una minore longevità negli impollinatori se combinati con il riscaldamento globale e livelli elevati di Co2.
Come abbiamo visto quindi, le api selvatiche si trovano a dover affrontare diverse problematiche che possono essere viste come dei “filtri”. Questi filtri interagiscono fra loro e possono minare la sopravvivenza delle specie, andando a toccare principalmente quelle più fragili.
Pensare a questi “filtri” mi ha fatto venire in mente il famoso programma tv di fine anni ’80 “Mai dire banzai” (trasposizione italiana della trasmissione Takeshi’s Castle). Nella tramissione vari concorrenti dovevano affrontare una lunga serie di ostacoli più o meno brutali per arrivare a conquistare il castello presidiato dal terribile Takeshi.
Per cui è un po’ così che possiamo immaginarci la vita delle api selvatiche, costantemente afflitte da una serie di problemi che almeno in parte potremmo cercare di risolvere. Una gestione più oculata del sistema agricolo e della gestione dell’ambiente potrebbe migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza di tutte queste specie, ahimè invisibili agli occhi di molti.
CONCLUSIONI
La strategia centrale da adottare consiste nel fornire un habitat adeguato per queste specie.
La perdita dell’habitat è infatti una delle principali cause del declino delle api selvatiche.
Ogni elemento presentato in questo articolo crea un ulteriore filtro che limita l’abilità delle specie di sopravvivere in questi habitat.
Nonostante ci siano ancora molti elementi non del tutto chiari, le informazioni sono più che sufficienti per capire quali azioni intraprendere:
- conservare e ricreare habitat con diversità ed abbondanza florale;
- diminuire l’impatto di contaminanti e pesticidi attraverso l’implementazione di best practices;
- studiare il ruolo delle malattie e le loro interazioni con gli elementi ambientali.
L’emergenza climatica ha ed avrà sempre di più un impatto significativo sulla vita degli impollinatori. Così come per altre specie, assicurarci che siano a disposizione habitat adeguati resta senza dubbio la chiave per poter salvaguardare la biodiversità.
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A presto!
Luca
Fonti:
- Pollinator decline: what do we know about the drivers of solitary bee declines? – Gretchen et al. (2021)
- Isola di calore – Definizione (Wikipedia)
- Fitness (genetica) – Definizione (Wikipedia)
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