La notizia che vi riporto oggi riguarda il ritrovamento di alcuni nidi di api carbonizzati all’interno di un antico laboratorio Etrusco, all’interno del sito archeologico del Forcello di Mantova.
Questi resti carbonizzati, assieme ad altri manufatti inerenti l’apicoltura, sono stati datati e pare risalgano a ben 2500 anni fa.
I risultati comprendono addirittura i resti di un miele di vite, non più producibile ai giorni nostri, raccolto dagli apicoltori che ai tempi viaggiavano lungo i fiumi. La scoperta ci suggerisce inoltre che gli Etruschi sono stati un popolo che conosceva molto bene l’apicoltura. Vediamo perché…
Risalente al 510 aC fino al 495 aC, l’edificio era stato distrutto da un fuoco violento e successivamente venne sigillato da uno strato di argilla.
I ricercatori hanno esaminato il cosiddetto “pan d’api” (una miscela di polline e miele ), frammenti di favo, resti di Apis mellifera e una grande quantità di materiale proveniente da nidi d’api che si erano sciolti e coagulati.
L’analisi chimica e l’esame di polline e spore raccolte all’interno del sito hanno confermato la presenza di cera d’api e miele in grande quantità. Inoltre, è stato scoperto che il polline della vite comune (Vitis vinifera) abbondava nei campioni di miele fuso e nei frammenti dei nidi d’ape, indicando la presenza di un miele unico di vite, prodotto da varietà predomesticate o primitivamente addomesticate.
“Il polline Vitis oggi manca nel pan d’api, e questo ci suggerisce che abbiamo a che fare con un miele assolutamente unico e conservato dalla carbonificazione”, hanno concluso i ricercatori.
Oggi infatti, il “miele della vite” non ha niente a che fare con il miele prodotto dall’ape, in quanto si tratta solamente di una sorta di sciroppo prodotto dal succo d’uva bollito.
Ma le analisi hanno rivelato altri aspetti unici sull’apicoltura etrusca:
La composizione del polline ha mostrato che le api in quella zona si nutrivano di piante (tra cui le viti e il limnamtemio/Nymphoides peltata) appartenenti ad un paesaggio acquatico, alcune delle quali non erano state ancora censite in quella zona.
Un tale scenario sarebbe stato possibile solo se gli apicoltori avessero spostato le api lungo il fiume a bordo di una barca, portando le api ed i loro alveari ai laboratori per estrarre poi i prodotti.
Infatti, la constatazione conferma ciò che lo scrittore romano Plinio il Vecchio scrisse più di quattro secoli dopo riguardo la città di Hostilia (Ostiglia, a Mantova), a circa 32 chilometri dal sito in questione. Secondo Plinio, gli abitanti di Ostiglia posizionavano gli alveari sulle barche per poi spostarle di 8 km a monte durante la notte.
“All’alba, le api vanno fuori e si nutrono, tornando ogni giorno alle barche, che cambiano la loro posizione finché, quando sono basse nell’acqua sotto il gran peso, si comprende che gli alveari sono pieni. Vengono così in segiuto recuperate e il miele viene estratto” scrive Plinio il vecchio.
La scoperta mostra anche un discreto livello di specializzazione degli etruschi nell’apicoltura.
Infine, la scoperta fornisce anche informazioni uniche sull’antico ambiente delle valli del Po, e sul comportamento delle api preservate in un paesaggio pre-moderno.
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Luca
FONTE:
IMMAGINI:
- Copertina: Originale “Louvre, sarcofago degli sposi 00” Di I, Sailko, CC BY 2.5, adattata dall’autore dell’articolo e distribuita con licenza CC BY 2.5.
Luca Malaparte
Nel territorio di Soriano nel Cimino, vicino Viterbo, c’è un sito rupestre usato in epoca etrusca e romana e gli studiosi lo hanno identificato con un apiario. Hanno trovato confronti solo con delle altre strutture simili trovate a Malta e in Turchia. Cercando “apiario etrusco” su YouTube ci sono vari video che lo mostrano, per chi fosse interessato.