Qual è l’importanza economica e qualitativa dell’impollinazione? Sembra una domanda scontata ma, quando si iniza a sviscerare la risposta, si comprende quanto sia alta la complessità dell’intero sistema.
Soprattutto è d’obbligo ammettere che ancora non riusciamo ad avere una visione completa, chiara e dettagliata dell’intero ecosistema di cui stiamo parlando ed in cui stiamo operando.
Durante le mie ricerce in materia mi sono imbattuta in uno studio condotto nel Regno Unito ed intitolato “Avoiding che bad apple: Insect pollination enhances fruit quality and economic value“, di cui voglio parlarvi in questo articolo.
LE RAGIONI DI QUESTO STUDIO
Ci sono evidenze scientifiche che dimostrano che la popolazione mondiale degli insetti stia calando a ritmi importanti, sia in termini numerici che di biodiversità. Se volete approfondire, vi linko l’intera sezione del nostro blog chiamata “Come aiutare le api“, troverete pane per i vostri denti!
In questo insieme faunistico troviamo anche gli impollinatori: non ci riferiamo soltanto alle nostre care api mellifere ma ad un intero universo di animali che svolge una funzione ben precisa, e che abbiamo sempre dato per scontato.
In Mondo Senza Api, abbiamo visto come il pesto alla genovese diventa una semplice pasta al formaggio, una volta eliminati tutti gli ingredienti derivati direttamente o indirettamente dal servizio di impollinazione svolto dagli insetti.
Ma qual è il valore economico di questo servizio? Oltre al costo finale del prodotto, ci sono anche altri fattori che vengono influenzati dal lavoro degli insetti, come ad esempio la qualità del nostro cibo? Se si decidesse di investire maggiormente nella gestione dell’impollinazione delle produzioni agricole, ci sarebbe un maggiore ritorno economico per le imprese rispetto al dipendere soltanto dalla presenza spontanea degli insetti impollinatori?
LA METODOLOGIA DELLO STUDIO
Lo studio “Avoiding the bad apple” ha cercato di dare una risposta a queste domande concentrandosi sulla produzione delle mele.
Nel solo Regno Unito durante il 2010 i frutteti erano occupati per circa l’82% da alberi di mele. Secondo le statistiche della FAO, nel 2010 il valore della produzione di 93 stati ammontava a circa $64 miliardi.
Si sono presi in considerazione due tipi di mele, le Gala e le Cox, coltivate in tre frutteti diversi nel Kent, una regione situata a sud-ovest di Londra e famosa per l’illustre Università di Cambridge.
Gli alberi sono stati suddivisi in gruppi e trattati rispettivamente ed esclusivamente con:
- Impollinazione fatta a mano dall’uomo con l’uso di un pennello e di polline raccolto da altri meli della stessa tipologia;
- Impollinazione libera fatta dagli insetti presenti naturalmente nell’ecosistema;
- Nessuna impollinazione diretta: le infiorescenze sono state protette con delle sacche in PVC che non permettevano l’ingresso di insetti ma solo l’entrata di aria e pioggia.
Al momento della raccolta le mele sono state valutate secondo diversi standard:
- Qualità del frutto: peso, durezza, percentuale di zuccheri presenti.
- Forma: normale o con presenza di deformità.
- Numero dei semi all’interno di ciascun frutto.
- Contenuto di minerali: calcio, fosforo, azoto, potassio, magnesio, boro e zinco.
Le mele sono state così suddivise in Classe 1 e Classe 2, a seconda di come rispondevano ai diversi test. Le mele di Classe 1 sono quelle di migliore qualità, e quindi vendibili ad un prezzo più alto sul mercato. Viceversa, quelle Classe 2 sono considerate di qualità inferiore, quindi hanno un valore economico minore.
LA PRODUZIONE
Lo studio dimostra come la produzione di frutti sviluppati sia maggiore nelle piante impollinate a mano, seguite poi da quelle visitate dagli insetti e per ultime, quelle escluse dall’impollinazione. Questo lo si rileva sia per le Cox che per le Gala, sia al momento dello sfoltimento dei frutti in eccesso che della raccolta finale.
- Percentuale di resa delle mele Cox
- Percentuale di resa delle mele Gala
LA QUALITA’ DEI FRUTTI
In media le mele trattate a mano hanno avuto una maggiore presenza di semi, seguite poi da quelle impollinate dagli insetti e da quelle escluse, per entrambe le varietà.
Per quanto riguarda invece gli altri parametri qualitativi, si è rilevato quanto segue:
Varietà Cox
|
Larghezza | Impollinazione libera > Impoll. a mano | ||||
Peso | Impollinazione libera > Impoll. a mano | |||||
Contenuto di zuccheri | Nessuna differenza significativa | |||||
Durezza | Impoll. libera = più soffice; Impoll. a mano/Esclusa = più dura | |||||
Varietà Gala
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Larghezza | Impollinazione a mano > Impoll. libera > Esclusa | ||||
Peso | Impollinazione a mano + Impoll. libera > Esclusa | |||||
Contenuto di zuccheri | Nessuna differenza significativa | |||||
Durezza | Esclusa = più dura; Impoll. a mano > Impoll. libera |
In altre parole, la varietà Cox sembra aver avuto risultati qualitativi migliori (tranne che per la durezza) nei frutti nati a seguito dell’impollinazione degli insetti, seguiti da quelli lavorati a mano e da quelli esclusi dall’impollinazione. Le mele sono più grandi, pesano di più ma sono più soffici. Quelle escluse sono risultate essere più dure.
La varietà Gala, al contrario, ha avuto benefici maggiori nei frutti impollinati a mano, seguiti da quelli serviti dagli insetti e da quelli esclusi da ogni forma di impollinazione. Come per le Cox le mele sono più grandi, hanno un peso maggiore ma hanno una durezza inferiore rispetto a quelle protette, comunque maggiore rispetto a quelle visitate dagli insetti.
Per quanto riguarda la presenza di sali minerali, in tutti i casi le mele impollinate a mano hanno percentuali di calcio, fosforo, azoto, potassio, magnesio, boro e zinco molto inferiori rispetto alle altre. Quelle protette hanno percentuali più alte di questi sali, seguite da quelle visitate dagli insetti.
IL VALORE ECONOMICO
In entrambe le cultivar, la produzione totale di mercato è sostanzialmente più alta a seguito del lavoro spontaneo degli insetti rispetto agli altri casi, facendo aumentare il valore economico per ettaro di £11.900 per le Cox e £ 14.800 per le Gala. Ciò si traduce in £37,7 milioni in produzione aggiuntiva per le aree in UK dove vengono coltivate queste varietà.
In entrambi i casi si è rilevato come il lavoro autonomo degli insetti impollinatori naturalmente presenti nell’ambiente abbia portato alla produzione di mele qualitativamente migliori. Anche la quantità finale vendibile sul mercato è stata positivamente affetta dal loro servizio. Mele di migliore qualità portano un maggior profitto al suo produttore.
Da tutto questo si potrebbe dedurre che, nel caso in cui si decidesse di inserire all’interno del frutteto degli apiari (permanenti o nomadi) e/o di creare zone verdi con fioriture alternate per attirare un numero maggiore di insetti, si potrebbe aumentare sensibilmente la produzione quantitativa e qualitativa delle mele.
Se si decidesse di migliorare la gestione dell’impollinazione, si potrebbe quindi avere un profitto maggiore per il produttore iniziale: una produzione numericamente più alta potrebbe anche portare ad una diminuizione del costo del frutto stesso.
Ci guadagnerebbero tutti: l’imprenditore agricolo, il consumatore finale, gli insetti impollinatori e la nostra Terra.
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A presto!
Silvia
Fonti e immagini:
Avoiding a bad apple: Insect pollination enhances fruit quality and economic value
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