Abbiamo già parlato più volte di analisi sensoriale del miele, sia nei nostri podcast che in un paio di video su youtube dedicati all’argomento assieme a Lucia piana, se volete li trovate qui:

 

In questo articolo parlerò dell’importanza dell’olfatto nell’analisi sensoriale del miele.

Si tratta di un senso molto importante, anche se spesso ce ne dimentichiamo o lo diamo per scontato. 

 

L’OLFATTO NELL’ANALISI SENSORIALE DEL MIELE

naso

Vista frontale e laterale del naso e dei bulbi olfattivi.

 

Il controllo sensoriale per un consumatore può servire a capire se l’origine botanica dichiarata in etichetta è rispondente o meno.

Questo miele etichettato come acacia sarà davvero un’acacia? Oppure no?

Generalmente lo è, ma l’analisi sensoriale può aiutarci a scoprire anche queste magagne.

I parametri di valutazione che abbiamo per il miele sono relativi a:

  • Vista (per il colore e lo stato liquido o cristallizzato) 
  • Olfatto (per l’odore) 
  • Gusto (per il sapore) 
  • Tatto (per la consistenza, ovvero il grado di viscosità quando il miele è liquido, oppure la descrizione del tipo di cristallo per quello cristallizzato). 

In generale per la vista e per la consistenza non c’è tantissimo da dire, il gusto e l’olfatto però necessitano di un approfondimento…

CHE COS’E’ L’OLFATTO?

L’olfatto è la percezione a livello della mucosa olfattiva delle sostanze che stanno evaporando da una determinata superficie. Nel caso dell’analisi sensoriale del miele quindi si parla dei composti aromatici che evaporano dalla superficie del miele.

Per questo motivo nei mieli con odori più tenui possiamo dire che evaporano poche molecole, mentre in altri più “carichi” ne evaporano di più.

miele aperto

Aumentare la superficie di esposizione (in gergo “aprire) è una delle fasi dell’analisi sensoriale del miele. Consiste nello spalmare il miele sulle pareti del bicchiere per far evaporare un maggior numero di molecole odorose. 

 

Finché abbiamo il naso tappato (come avviene quando abbiamo il raffreddore) possiamo percepire solo le sensazioni che ci arrivano dai sensori che abbiamo nella bocca, vale a dire le sensazioni tattili, gustative, dolorifiche e termiche.

Le percezioni gustative che ci arrivano dalla lingua quindi sono banalmente dolce, salato, acido, amaro e umami.

Ma se ci pensiamo, ciò che mangiamo spesso è molto più di questo!

Se mangio una bustina di zucchero sentirò solamente il dolce, ma mi bevo una tazza di caffè riuscirò a percepire tanti altri aromi.

Esperimento:

Per capire questa differenza, prova ad assaggiare dello zucchero mischiato con un po’ di cannella tenendo il naso tappato. Ti accorgerai di percepire solamente il dolce, mentre se stappi il naso improvvisamente (per via retronasale) percepirai il tipico aroma della cannella.

Se stappiamo il naso le sostanze volatili arrivano alla mucosa olfattiva per via retronasale e sentiamo l’odore dell’alimento che abbiamo in bocca.

Che cosa ci dice questo?

Ci dice che le differenze maggiori che percepiamo fra un alimento ed un altro non sono le sensazioni di lingua, ma le sensazioni di naso!

Ed è anche il motivo per il quale quando mangiamo e siamo raffreddati ci accorgiamo che i cibi non “sanno di niente”.

 

IL MIELE DI TARASSACO

Certi mieli hanno un odore molto marcato.

Il miele di Tarassaco ad esempio presenta sentori che richiamano un odore che alcuni definirebbero “formaggio“, altri “piedi“, ma ho sentito parlare anche di “cane bagnato“.

Un termine più neutro utilizzato nell’analisi sensoriale del miele è valerianico (dall’odore che presenta la radice di valeriana).

Per questa sua caratteristica, il tarassaco è un miele poco invitante al naso, proprio perché ci ricorda degli odori corporali poco piacevoli.

Poi però quando lo assaggiamo questa percezione scompare, o meglio si sviluppa in un altro senso e (fortunatamente) non sentiamo più i piedi ma l’aroma di pasta di mandorle e di amaretto.

Come vedremo però il tarassaco non è l’unico miele che presenta questa particolarità.  

 

LA MELATA DI ABETE BIANCO

A proposito di altri mieli con odori corporali poco invitanti, con la melata di abete bianco arriviamo a parlare addirittura di deiezioni. Anche in questo caso al naso avremo una percezione negativa, ma poi all’assaggio l’esperienza sensoriale sarà completamente diversa.

Ma qui avviene qualcosa di curioso…

Se si fa assaggiare una melata di abete bianco presentandola come miele di melata d’abete, spesso si tenderà a percepire l’odore della resina.

L’odore che emana è a tutti gli effetti un odore resinoso.

Questo odore resinoso però può virare sia verso un odore di “bagno sporco” o “cesso d’autogrill”, che verso il tipico odore delle piante resinose.

Tant’è che se ci avvicinamo ad abeti e cipressi notiamo un odore che è un po’ a metà strada fra quelli citati sopra.

Questo sta a significare che lo stesso odore presentato in contesti diversi può evocare percezioni differenti: in questo caso una percezione negativa (le deiezioni) oppure positiva (la resina).

Questa riflessione mi ha fatto venire in mente uno studio che ho letto qualche tempo fa.

 

BIAS SENSORIALI

panel

Cabine di assaggio

 

In un esperimento Rachel Herz, psicologa, neuroscienziata cognitiva ed esperta riconosciuta in psicologia dell’olfatto fece annusare una serie di odori ad 80 studenti universitari (40 maschi e 40 femmine).

Gli odori erano contenuti all’interno di un vasetto.

Gli studenti dovevano annusare e rispondere ad alcune domande relative al gradimento, l’intensità e la familiarità della sostanza annusata.

C’è un tranello però.

Nelle due sessioni gli odori che gli studenti annusavano erano gli stessi, ma sul vasetto erano presentati con una dicitura diversa:

  • Il mentolo era presentato come “medicinale” o come “mentina
  • Il patchouli come “cantina umida” o come “incenso
  • L’olio di pino come “disinfettante spray” oppure “albero di natale
  • C’era poi anche un misto di acido isovalerianico (ricordate il miele di tarassaco?) ed acido butirrico che veniva presentato sia come “formaggio parmigiano” che come “vomito”.

Gli studenti erano convinti si trattasse di odori differenti solo per il modo in cui erano stati presentati. Inoltre nonostante fossero state usate le stesse quantità e le stesse concentrazioni, i vasetti in cui la scritta presentava un odore spiacevole venivano catalogati come più intensi.

Questo effetto in psicologia viene chiamato framing effect ed è uno scherzo che il nostro cervello ci gioca, deviando le nostre percezioni in relazione al contesto in cui lo stimolo olfattivo ci viene presentato. 

 

NON CADERE NEL TRANELLO

Per assaggiare nella maniera corretta quindi dobbiamo essere consapevoli del fatto che ciò che percepiamo dipende anche dalla modalità con cui viene presentato il prodotto.

Il framing effect ci può portare fuori strada, ma c’è dell’altro.

La percezione degli odori è influenzata da parecchie variabili sia esterne che interne, quali:

  • Temperatura di presentazione
  • Temperatura della stanza
  • Assuefazione
  • Modalità di presentazione (meno vedo, meglio è)

Al verificarsi di queste condizioni dobbiamo quindi essere consapevoli del fatto che le nostre percezioni potrebbero essere falsate o condizionate.

 

DEGLI ODORI NON SI PARLA

La maggior parte delle persone non è abituata a fare ciò che è necessario per chi si occupa di analisi sensoriale, cioè a verbalizzare gli odori nella vita quotidiana.

Nella nostra cultura non solo non è naturale ma non è nemmeno educato parlare di odori.

Parlare degli odori di una persona viene ritenuto poco elegante perché annusare una persona implica il fatto di averli annusati, e di essere entrati quindi nella sua sfera personale.

Per questo nella nostra cultura se ne parla pochissimo. 

La capacità di percepire un odore però implica l’abilità di discriminarlo (cioè di distinguere un odore da un altro), di individuare concentrazioni diverse dello stesso odore, di riconoscerlo e di identificarlo.

Si diventa capaci di descrivere un odore se ogni volta che sentiamo un odore diciamo “qui c’è odore di …”.

Certo non è educato entrare per la prima volta a casa di una persona e dire “qui c’è odore di muffa“, ma possiamo pensarlo ed acquisire l’abitudine di farlo.

Queste capacità, come avviene nel mondo del vino, dell’olio, del cioccolato e del miele possono essere allenate e migliorate.

 

COME SI VIVE SENZA L’OLFATTO? L’ANOSMIA

La perdita dell’olfatto può avvenire per varie cause.

Avviene con l’invecchiamento, per cause genetiche, ma anche a seguito di traumi/incidenti, infezioni o allergie particolarmente aggressive. 

Spesso chi ne è vittima non se ne accorge, o almeno non subito. 

Queste persone sono affette da anosmia, ovvero hanno subìto la perdita totale della capacità di percepire gli odori.

Quando le capacità olfattive sono ridotte si parla di iposmia, quando invece le funzioni vengono perse del tutto si parla di anosmia completa.  

Quando si perde l’olfatto ci si sente sbeffeggiati doppiamente, perché prima ci si rende conto di aver perso sensazioni importanti alle quali prima non si dava il minimo peso, e poi perché dagli altri viene considerato come un deficit di poco conto.

Le persone affette da anosmia vivono l’inquietudine e la paura di esporsi continuamente a pericoli perché non possono sentire l’odore di fumo o di bruciato, accusano insicurezze perché non riescono a capire quando puzzano, non sentono gli aromi di ciò che mangiano e ciò che bevono.

La perdita dell’olfatto li porta a scollegarsi dal mondo circostante (e anche da sé stessi). 

In chiusura riporto la testimonianza di una persona che dopo aver perso l’olfatto ha provato descrivere le sue sensazioni:

Io ho perso l’olfatto e la gente pensa che la cosa sia buffa. Le persone ridono quando dico loro che è deprimente. Adoravo l’odore delle candele e dei fiori. Mi faceva sentire attratta e più attaccata a mio marito. 

Quando sono stata operata agli occhi sono rimasta bendata per un po’. In quel momento ho realizzato che tutti i sapori che pensavo di percepire erano in realtà soltanto residui nella memoria.

Le erbe per me non hanno più alcun sapore. Molte persone non mi credono, ma mi dovete credere, io so che è così. 

Ho perso peso perché non c’è più nulla che abbia un buon sapore. Mi manca l’odore delle lenzuola pulite. Più ci penso e più mi accorgo di quante cose mi mancano, le persone però credono che sia una cosa buffa. 

Non lo è affatto.

Impariamo a dare più importanza ad un senso così bistrattato come l’olfatto, perché è responsabile di tantissime sensazioni ed emozioni che sperimentiamo quotidianamente.

Uno dei sensi più antichi e legati a doppio filo con i nostri ricordi più nascosti.

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A presto!

Luca


Fonti:

Immagini:

  • Vista frontale e laterale del naso e dei bulbi olfattivi – Tratta dal libro “Il senso perfetto – Mai sottovalutare il naso”.
  • Cabine di assaggio – onavnews.it
  • Copertina: Foto di PublicDomainPictures da Pixabay.