Questo gennaio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Chemosphere un paper nel quale si parlava di uno studio su larga scala della durata di 3 anni.

Nello studio si è cercato capire se e quale sia il rischio per le api nel momento in cui vengono esposte a fioriture, in questo caso girasole, nate da semi trattati con due tipi di neonicotinoidi: Thiamethoxam e Clothianidin.

Ho già parlato dei neonicotinoidi in un altro mio articolo, se non sai di che cosa si tratta e vuoi approfondire, trovi qualche informazione cliccando qui: https://vitaminabee.it/i-pesticidi-vanno-proibiti/

I neonicodinoidi sono insetticidi sistemici, vale a dire che le sostanze tossiche vengono traslocate e persistono in vari tessuti della pianta. In questo caso quindi le api possono essere esposte ai neonicotinoidi per ingestione di polline e nettare contaminato anche se l’applicazione dell’insetticida è avvenuta mesi prima della fioritura. Per le stesse ragioni i residui di neonicotinoidi si trovano spesso anche nelle “erbacce” che crescono ai margini dei campi coltivati, così come in coltivazioni piantate dopo l’applicazione dei neonicotinoidi.

Da tanto tempo ormai si dibatte sull’effettivo rischio per le api che vengono esposte a queste sostanze, e se si considera tutta la letteratura scientifica pubblicata in merito emerge immediatamente quanto i risultati appaiano spesso contraddittori.

Lo studio spagnolo di cui parlerò in questo articolo rappresenta un esempio utile a comprendere in maniera più ampia quali siano delle criticità che affliggono l’attuale dibattito scientifico sul tema degli agrofarmaci. E non soltanto per quanto riguarda i neonicotinoidi, ma anche per ciò che concerne in senso più generale l’autorizzazione per la messa in commercio di nuovi agrofarmaci sul mercato.

A three-year large scale study on the risk of honey bee colony exposure to blooming sunflowers grown from seeds treated with thiamethoxam and clothianidin neonicotinoids.

Questo è il titolo dello studio realizzato in Spagna su 180 colonie di api. Le colonie hanno avuto modo di raccogliere polline e nettare su fioriture di girasole secondo questo schema:

  • Un gruppo veniva esposto a fioriture di girasole trattate con Thiamethoxam
  • Un gruppo veniva esposto a fioriture di girasole trattate con Clothianidin
  • Un gruppo veniva esposto a fioriture di girasole non trattate (il cosiddetto campione di controllo)

Se voglio testare la tossicità di una sostanza, ho bisogno di poter analizzare sia un campione esposto a quella sostanza, sia un campione che non è stato esposto ad essa, per valutare se fra i due ci siano differenze. La presenza del campione di controllo è quindi parte essenziale del metodo scientifico.

 

RISULTATI E OSSERVAZIONI DEGLI SCIENZIATI:

girasole

In questo caso lo studio è stato portato avanti su piante di girasole. Foto di Suju  – “Girasole fiori giallo” – Pixabay License, Collegamento.

 

Le colonie di api sono state testate in vari momenti:

  • Prima di esporle alle fioriture
  • Dopo l’introduzione sulle fioriture di girasoli trattati
  • Due settimane dopo l’introduzione
  • Prima della rimozione degli alveari
  • Alla fine dell’estate e ad inizio inverno

Non sono emerse differenze significative fra i vari trattamenti, ad eccezione di una differenza osservata nella prima settimana di esposizione: in questo periodo infatti il numero di api adulte e di covata era leggermente minore negli alveari esposti ai due neonicotinoidi rispetto agli alveari non trattati. Questa differenza non si è poi manifestate nei campionamenti successivi.

Gli autori affermano che non ci siano effetti deleteri significativi per gli alveari esposti alle fioriture provenienti dalle semenze trattate coi due neonicotinoidi, aggiungendo che è possibile che se esiste un effetto negativo per Thiamethoxam e Clothianidin sulle api, sia talmente piccolo da poter essere rilevato solo utilizzando fattori di esposizione irrealistici, unitamente a test progettati in maniera molto intricata.

Come dicevo poco sopra, i risultati di questo studio mostrano che in una specifica fase dell’esperimento (ovvero subito dopo aver esposto le api alle fioriture trattate) c’è stato effettivamente un calo nel numero di api adulte per i campioni esposti a Thiamethoxam e Clothianidin, mentre nel campione di controllo il numero è rimasto costante.

Gli autori imputano la diminuzione delle api adulte ad una maggiore attività di bottinamento, poiché le api esposte a Thiamethoxam hanno accumulato più scorte rispetto al campione di controllo. Dato che durante il raccolto le api sono molto più vulnerabili, il lavoro di raccolta potrebbe aver implicato una maggiore perdita di bottinatrici nei campioni esposti ai due neonicotinoidi.

 

PARLIAMO DELLE CRITICITA’:

Lo studio è stato effettuato durante le tre stagioni che vanno dal 2015 al 2018. Nel corso di ogni anno è stata coperta un’intera stagione apistica, cioè dall’inizio della primavera fino alla primavera dell’anno dopo.

Per quanto riguarda la trasparenza dei metodi utilizzati la pubblicazione resta vaga su alcuni punti. Cito:

la progettazione è stata effettuata tenendo conto, qualora possibile, dei parametri descritti da Hernando et al. (2018).

E continuando:

…Questo include appezzamenti da 2 ettari separati almeno di 2 km qualora possibile, isolati da altre coltivazioni o fioriture attrattive per le api. Questi appezzamenti sono stati assegnati in maniera casuale rispetto ai trattamenti, eccetto per i casi in cui la coltivazione non poteva essere posizionata a più di 2 km di distanza dalle altre. In questi casi l’appezzamento deputato al campione di controllo veniva piazzato il più distante possibile dai campi trattati.

E su questa parte bisognerebbe sviluppare un discorso più ampio, ma ci torneremo più avanti.

In ogni caso per dar modo di replicare lo studio e soprattutto di verificare se questo sia stato progettato correttamente, è sempre bene descrivere con cura i metodi utilizzati, quei “qualora possibile” che cosa significano concretamente? Su quali delle tante variabili sono andati ad agire?

Purtroppo non ci è dato saperlo.

 

RESIDUI:

Per testare i residui si è ipotizzato che le due settimane successive all’introduzione degli alveari nella coltura di girasole, fossero il momento più propizio per registrare il maggior quantitativo di residui, per questo i campioni sono stati prelevati tutti all’interno di quel periodo.

L’analisi è stata effettuata su un campione di api adulte, e su 3 pezzi di favo contenenti rispettivamente covata, pane d’api e miele.

Qui però i risultati difettano di un dato fondamentale: ci indicano infatti i residui per quanto riguarda gli alveari esposti ai due neonicotinoidi, ma non ci mostrano i dati relativi ad eventuali tracce presenti nel campione di controllo.

E perché dovrebbe presentarli? Direte voi.

Se il campione di controllo non è stato trattato in alcun modo di residui non ce ne dovrebbero proprio essere, dico bene?

Teoricamente sì, ma ci sono dei ma.

Per dare modo di verificare a chi legge che lo studio sia stato svolto nella maniera corretta, e anche per trasparenza, è necessario che i dati relativi anche al campione di controllo siano espressi in maniera chiara. Sarebbe infatti imbarazzante se anche nel campione di controllo ci fossero residui di neonicotinoidi!

Voglio dire, che possibilità ci sono che possa accadere una cosa del genere?

Diciamo solo che non è poi così impossibile, ma per capire abbiamo bisogno di tornare indietro di qualche anno, precisamente al 2007.

 

LO STUDIO CANADESE SUI CAMPI DI COLZA DEL 2007:

In questo studio canadese la coltura utilizzata è stata invece la colza, i suoi semi sono molto ricchi di olio.

 

Exposure to Clothianidin seed-treated canola has no long-term impact on honey bees“. Questo è il titolo dello studio pubblicato dal prestigioso Journal of Economic Entomology nel 2007, realizzato da Cynthia Scott-Dupree assieme al suo gruppo di ricerca nell’università di Guelph (Canada).

Già dal titolo risultava palese che “l’esposizione a semi di colza trattati con Clothianidin non causa impatti negativi a lungo termine sulle api mellifere”.

Gli alveari (esclusi ovviamente i campioni di controllo) venivano esposti al massimo dosaggio permesso di Clothianidin, per essere poi spostati e monitorati nell’arco di vari mesi. Come detto sopra, gli autori non trovarono differenze statisticamente rilevanti fra le api presenti nei campi trattati con Clothianidin e quelli non trattati.

Ma analizzando con attenzione lo studio, emerge che in realtà il campo trattato con Clothianidin e quello non trattato si trovavano soltanto a circa 300 metri di distanza, tant’è che gli sperimentatori trovarono tracce di Clothianidin sia nelle api presenti sui campi trattati che nei campi non trattati.

Sappiamo bene che questo accade perché le api non si limitano a raccogliere risorse nell’ambiente seguendo i confini stabiliti dall’uomo, ma hanno un proprio raggio d’azione che può tranquillamente superare i 3 km. In questo caso quindi lo studio pubblicato non aveva di fatto un valido campione di controllo.

Eppure è stato pubblicato, e lo stesso studio è stato utilizzato come fonte attendibile nel dibattito pubblico.

Questo mette ancora più in prospettiva la questione, e conferma ancora una volta l’importanza della trasparenza per quanto riguarda i campioni di controllo.

 

TORNIAMO ALLO STUDIO SPAGNOLO:

Capirete bene ora che la mancanza di dati relativi al campione di controllo, specialmente per uno studio così estensivo su tanti alveari e protratto nell’arco di più anni faccia suonare un bel campanello d’allarme.

Magari questi dati sono stati omessi perché il campione di controllo non presentava alcun residuo, ma allora non vedo per quale motivo avrebbero dovuto omettere questa informazione.

Se si fosse trattato di una scelta di esposizione dei dati avrebbero dovuto omettere il campione di controllo anche in tutte le altre tabelle riportate nello studio, invece il campione di controllo è sempre stato incluso, ad esclusione della tabella relativa ai residui di neonicotinoidi.

Con questo non intendo affermare che tutti i dati di questo studio siano da buttare, o che ciò che sostengono gli autori sia falso a prescindere. Però senz’altro questa dimenticanza va a discapito della credibilità della pubblicazione e del lavoro degli scienziati.

Purtroppo però non è finita qui: gli autori dichiarano di:

non avere conflitti di interessi o relazioni personali che possano aver influenzato il lavoro riportato in questo studio, dichiarando tuttavia di essersi avvalsi della consulenza tecnica di Syngenta Espana S.A.U., Bayer Crop Science S.L.

ed aggiunge:

Le stesse aziende hanno parzialmente finanziato questo studio.

Vale a dire che parte dello studio è stato finanziato dalle stesse aziende che mettono in commercio i prodotti oggetto del test.

E qui assieme al secondo campanello d’allarme, si apre un’ulteriore finestra di approfondimento:

Che validità può avere uno studio finanziato dalla stessa azienda che mette in commercio i prodotti che vengono testati? E quale peso possono avere questi studi nel processo di approvazione degli agrofarmaci in Europa?

Cercheremo di rispondere a queste ed altre domande nel prossimo articolo!

 

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Luca


 

Fonti: